Quel canto del “Purgatorio”, il sesto, in cui Dante dopo aver descritto l'umanità infernale comincia la sua risalita letteraria e personale, fa da sfondo al nuovo pamphlet dell'autore di “Italiopoli”. Con poche e chiarissime pagine, l'autore disegna lo stato comatoso del paese: il grido di dolore è intergenerazionale e senza sconti, con una rassegna rapidissima di nomi e cognomi, a partire dai vertici del paese, dello Stato, del Potere variamente declinato. Ma dopo aver dato conto che le sabbie mobili stanno finendo di inghiottire l'Italia, serva e di nuovo serva, cioè ri-serva, ma anche recinto di caccia di una tribù perversa chiamata classe dirigente e cooptata da se stessa, Beha si domanda come uscire da queste sabbie mobili, ammesso che sia ancora possibile uscirne. Non basta certo più «resistere», bisogna trovare un ponte tra Dante e Berlusconi, bisogna organizzare uno spirito partigiano che ci permetta di vincere questa guerra che in realtà è una «pace incivile» mascherata da scadentissima vita collettiva e da contrapposizioni becere e truffaldine. Da dove ripartire? Simbolicamente da un luogo vicino a Cuneo, in montagna o sul colle, dove salirono i primi partigiani piemontesi. Praticamente dalla necessità di tessere una tela tra associazioni che dal basso facciano sentire la loro voce specie attraverso la rete, e di coinvolgere i comuni con amministratori irreprensibili (e ce ne sono) perché al centro della politica il marcio avanza più rapidamente. Visivamente riaccendendo in dosi molto maggiori di quanto non si stia già facendo la piazza, cioè le persone in piazza, opposte al Palazzo, cioè al mix tra Palazzo reale, dove si annidava celato e oggi si mostra sguaiato il Potere, e il Palazzo virtuale, cioè quello mediatico, che coincidono. Più di uno chiede oggi come necessità rivoluzionaria il «bagno di sangue». Come se fosse impossibile anche solo pensarne una differente, stretti come siamo tra l'alibi della Storia e i raggiri della Cronaca
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