Dentro di me c’è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c’è Dio. A volte riesco a raggiungerla, più sovente è coperta di pietra e di sabbia: in quel momento Dio è sepolto, bisogna allora dissotterrarlo di nuovo». Pochi mesi prima di morire ad Auschwitz, Etty Hillesum aveva scritto nel suo Diario queste righe che possono essere assunte come una rappresentazione simbolica degli Esercizi spirituali che Gianfranco Ravasi terrà a Sua Santità Benedetto XVI nel prossimo febbraio. Fra le tante strade possibili per «dissotterrare» la voce di Dio che spesso è flebile in noi, e ritrovare la purezza della fede, c’è la preghiera, nelle sue molte sfumature. «Pregare è un’arte » sottolinea il cardinal Ravasi «un esercizio di bellezza, di liberazione interiore; è impegno rigoroso, ma anche volo lieve e libero dell’anima verso Dio. E’ ascesi e ascesa.» Ascesi verso il mistero, cioè Dio, del quale la preghiera ci manifesterà vari profili che la fede riesce a definire nei loro diversi significati. Ascesa perché la luce risplendente del volto di Dio illumina i molteplici lineamenti del volto umano. Ecco allora perché Dio e creatura umana, teologia e antropologia, s’incontrano nel crocevia della preghiera